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  • Immagine del redattoreAgnese Caon

Intervista: il mondo a 130 cm

Lo sport, che per antonomasia dovrebbe essere il simbolo principe dell’inclusività, in Italia non è sempre accessibile a tutti: mancanza di volontà politica e di attenzione dei nostri amministratori e politici soprattutto verso i giovani e i disabili sono i motivi della diffusione a macchia di leopardo delle strutture e delle attrezzature pubbliche sul territorio nazionale. Ancor più sporadica e inadeguata lo è per gli sportivi con disabilità. In Italia, infatti, non a tutti è dato di accedere a quello che invece è il diritto alla salute, al benessere psicofisico, all’attività ludica e di aggregazione sociale. Aver istituito in tempi recenti il Ministero per le disabilità ha fatto sentire molti di quelli che vivono questa condizione come una categoria di cittadini a parte, per i quali serve una gestione separata dal resto della popolazione. Insomma anche stavolta la toppa è stata peggio del buco.

È del 28 luglio scorso una nota in cui, quasi facendo rullare tamburi e squillare le trombe, il ministero annuncia di aver destinato 410 milioni di euro a Regioni e Comuni per “progetti e servizi dedicati alla disabilità”. Ai quali unisce 27.340.000 per “turismo accessibile” presi dal “fondo inclusione” dello scorso anno e 60 milioni per attività ludico sportive, strutture semiresidenziali e sport per disabili, rilanciando infine con 100 milioni del “fondo inclusione” 2022/2023, destinati all’autismo. Oltre al “fondo assistenti alla comunicazione” con 100 milioni ai Comuni e 100 milioni alle Regioni e al “fondo caregiver” di 22.801.495. Una pioggia di soldi e di promesse, all’apparenza, se non fosse che tutto ciò invece, sia una goccia nel mare delle esigenze e soprattutto diffonda anche l’acre olezzo di una apartheid politica e sociale verso le persone che non rispondono ai canoni ed ai requisiti di una società sempre più discriminatoria e abilista.

In questo contesto sociale e culturale arretrato e profondamente abilista persino nelle definizioni e nel linguaggio istituzionale, il costo delle speciali attrezzature necessarie per la vivibilità e l’accessibilità alle abitazioni, il trasporto privato e lo sport sono quasi del tutto se non completamente a carico del cittadino che il più delle volte deve fare riferimento alla famiglia più che ai servizi pubblici per le proprie esigenze e l’assistenza sanitaria, psicologica o semplicemente personale.

Ne parliamo, in occasione dell’uscita del suo libro “Il mondo a 130cm”, con Agnese Caon, atleta paralimpica, campionessa italiana di lancio del disco e lancio del peso, operatrice olistica, insegnante di yoga, blogger e divulgatrice impegnata nella sensibilizzazione su temi quali disabilità, benessere consapevole e realizzazione personale.

Quanto è stato importante lo sport nella tua formazione e realizzazione personale? Ed è stato facile trovare strutture sportive realmente inclusive, attrezzate anche per particolari esigenze, in cui poterti allenare e gareggiare?

“L’esperienza sportiva è stata come una meteora, molto veloce ora sono ferma e mi sa che rimarrò ferma ancora, è stata un’esperienza molto importante, mi ha permesso di aprire gli occhi verso il mondo che io vivevo ma del quale non ero consapevole, questo è arrivato grazie anche un percorso di consapevolezza personale, lo sport come ambiente come stile di vita come possibilità è un’apertura straordinaria, perché permette davvero di mettere in campo abilità che non pensavo di avere, di vivere esperienze che permettono di mettersi in relazione, di scoprire appunto tante altre persone, tante altre disabilità, tante altre possibilità di espressione. Lo sport poi permette di amare la vita, inizi ad avere uno stile di vita diverso, sei concentrata a vivere tutta te stessa per quell’esperienza lì.

Ho avuto la fortuna di trovare tre società accoglienti, una con la quale ho gareggiato, unacon la quale mi sono allenata e la terza che mi ha dato la possibilità di aprire altri scenari e non mollare la presa nonostante il mio stop fisico. Le strutture sportive, ci sono e possono essere attrezzate se ci sono atleti che si mettono in gioco, è stato fondamentale avere a disposizione una lunga serie di possibilità di accesso come gli impianti sportivi, le attrezzature a misura, la cordialità e cortesia degli altri atleti pronti a venire incontro alle esigenze e a rispondere.”

"In molte città non ci sono strutture o sono ridotte a piccoli brandelli. Manca l’interesse degli enti comunali e/o sociali a mettere a disposizione gli impianti. Dalle mie parti ci sono impianti che potrebbero davvero avere delle grosse disponibilità però non c’è interesse a cercare di andare incontro agli atleti che si vogliono allenare. La mia esperienza in merito, ed è un mio pensiero personale, è che tanto si concentri sul calcio, o solo su quelle strutture che già esistono e hanno necessità di poca manutenzione. Quello che si potrebbe fare è aprire l’incontro degli enti preposti agli atleti per comprenderequali siano le esigenze e le risorse da poter mettere in campo e adoperarsi per trovare fondi per poter permettere a tutti di fare sport. Ci sono famiglie che per far accedere il figlio agli impianti sportivi, fanno più di 80km per più volte a settimana, e sto parlando di Roma, per poter dare la possibilità ai figli di vivere l’esperienzasportiva.”

Le immagini di Samanta Cristoforetti a spasso nello spazio ci danno l’illusione di essere proiettati nel progresso e nel futuro, ma sulla terra siamo ancora prigionieri delle barriere culturali e psicologiche tipiche dei pregiudizi più arcaici. Quale salto di qualità evolutiva manca alla società italiana?

Premetto che ho deciso di ricevere dalla tv e dai media solo determinate informazioni, sicuramente la ricerca, la scienza deve fare il proprio percorso, la propria strada per poter dare in futuro le risposte necessarie perché la vita vada avanti anche sulla terra. A mio avviso ci sono ancora grandi passi da fare qui sulla terra per quanto riguarda la cultura alla disabilità, partendo dall’adulto arrivando al bambino, perché il bambino recepisce ciò che l’adulto trasmette, e se l’adulto ha un considerazione non precisa di ciò che è la disabilità al bambino arriva che la disabilità è solo male ed è solo, non sono tutte malattie infettive, ci sono molti modi di vivere la disabilità, ci sono diverse strutture che ci permettono di vivere, ci sono genitori che non si abbattono di fronte ad una disabilità che arriva magari dopo la nascita ma comprendono finda subito come rendere il mondo più accessibile. Alla società mancano infrastrutture inclusive e accessibili a chiunque. Ad esempio i bancomat posizionati in modo che non sono utilizzabili da chi ha l’acondroplasia oppure è in sedia a rotelle, i banconi dei bar e dei pub, le merci sugli stand nei supermercati, dove a volte la disponibilità del personale è del tutto assente ecc. Manca la cultura alla disabilità, molti passi sono stati fatti ma non c’è proprio questa apertura a vedere l’altro e pensare in maniera diversa. Siamo stati abituati a vivere solo in un determinato modo e mondo, ma non è sempre così.”

Il DdLZan dedica particolare attenzione contro l’abilismo oltre che contro ogni altra forma di violenza patriarcale e discriminatoria. I campioni sportivi, paralimpici e non, potrebbero sensibilizzare maggiormente e incoraggiare i politici a legiferare in modo efficace su questo tema?

Molti campioni sportivi si sono esposti pubblicamente spendendo la loro notorietà per veicolare messaggi sociali e politici (ad esempio su temi o movimenti quali Black Lives Matter, DdL Zan) e per questo hanno subito forti critiche quasi che lo sport debba restare in un limbo distante dai problemi e dai fenomeni sociali contemporanei. Tu cosa nepensi?

“Credo di aver già risposto alla domanda precedente. Il mondo sportivo paralimpico sta già muovendo grandi passi e grandi possibilità. Ciò che manca è la visibilità, pensiamo solo a quando e se vengono trasmessi determinati programmi sportivi che riguardano la disabilità.”

Hai raggiunto molti importanti traguardi, non solo sportivi ma anche personali e professionali. E oggi esce in stampa anche la tua autobiografia dal titolo Il mondo a 130cm. Vuoi parlarci di questa esperienza e presentarci unpo’ il tuo libro?

“E’ stato un crescendo di consapevolezza personale, avvenuto in tre anni di scoperte, ed è stato fondamentale avere la possibilità e darmi la possibilità di scoprirmi e scoprire dentro e fuori di me, ciò che mi abita e mi abitava da sempre ma che non riuscivo ad esprimere.

Il libro nasce nel 2008 come un’idea, l’anno più buio della mia vita, volevo lasciare qualcosa di scritto, poi è rimasto fermo a lungo, l’ho ripreso in mano nel 2017 dopo l’intervento avuto alle gambe, e a novembre 2021 ho deciso di portarlo a conclusione. Il lavoro fatto da novembre a luglio è stato denso e significativo, ho scavato nella mia vita familiare e personale, per poter raccontare come è stato il mio “allunaggio” sulla terra, il mio accesso alle scuole, la mia esperienza scolastica e relazionale in ambito sempre scolastico, il mio approccio al mondo del lavoro e poi la scelta di aprire una attività che esprimesse ciò che ho dentro, che riguarda il contatto, il benessere, lo yoga, la meditazione, forme di contatto con sé stessi e con gli altri che permettono la scoperta della vita, il ritorno a sentire con i sensi in profondità


Io ho sognato Artemisia (è il nome del mio studio) e ho sognato questo libro. Mi ci sono voluti anni, gli anni della vita, ma oggi sono qui a dialogare con voi, attraverso queste pagine e attraverso il mio lavoro di operatrice olistica e di insegnante di Yoga. Il mondo dai miei 130cm qualche volta mi pone ancora difficoltà, logistiche e personali, emotive, ma non credo che questo sia un problema. Credo sia lo stimolo a cercare sempre di fare un passo avanti, perché è così che si fa un cammino, un passo dopo l’altro”.

Questo libro nasce da un’idea che l’autrice ha coltivato per lungo tempo. E’ un racconto, una riflessione. E’ un invito a guardare e vedere con altri occhi, da altre distanze o angolazioni, da altre altezze, la vita e la ricchezza che celano gli incontri.

Agnese Caon

nasce il 10 settembre 1986 a Camposampiero, in provincia di Padova. Dopo il diploma si impiega presso Mérieux NutriSciences (Chelab Srl). Ama la natura, il mare e la montagna, ama leggere ma soprattutto la ricerca sul fronte della crescita personale. Continua a studiare per diventare operatrice olistica e si appassiona ad alcune metodologie psico-corporee, che inizia a praticare una volta terminato il percorso di studi. Diventa insegnante di Yoga e approfondisce le sue competenze in un percorso di conoscenza di sé. Crea Artemisia, uno spazio dedicato al benessere fisico e non solo, al massaggio, allo yoga, alla meditazione. Un luogo che accoglie tutti, per ascoltarsi, ritrovarsi, coltivare la propria essenza. Agnese crede fermamente nella possibilità di evoluzione di ognuno di noi.

Se anche voi volete seguire Agnese Caon nelle sue molteplici attività, questi sono i suoi riferimenti social.

facebook e instagram: agnese_caon

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